6 luglio 2025 – Palestina: il vero volto delle smart city

Tecnologie per le guerre ai popoli

Ospitiamo con grande piacere a Roma l’iniziativa proposta dai/dalle compagni/e di Bologna, Ravenna, Milano già presentata in diverse città.
Iniziativa assolutamente in sintonia con quelle che l’Assemblea ha già svolto proprio sul tema.
Siamo felici che in questa occasione parteciperà anche la comunità palestinese dell’UDAP.
Vi aspettiamo domenica 6 luglio 2025 dalle 18:30 presso lo “Spazio sociale 100celle
aperte”, in Via delle resede 5. Dopo la proiezione dei documentari doppiati sulle smart
city palestinesi, gli interventi e il dibattito, ci saranno un aperitivo e una cena conviviali.

Qui e di seguito il documento di analisi e presentazione più dettagliata dell’iniziativa.

Trailer

Immagina il futuro della tua città

Non c’è più tempo per far finta di non capire quali scelte da anni sta percorrendo con metodicità e determinazione il sistema di potere per trasformare dalle fondamenta la nostra vita. Abbiamo aspettato anche troppo.

La Smart City e la Città dei 15 minuti sono due teorizzazioni che applicando sul territorio strumenti altamente tecnologici non solo ridefiniscono i modi e i tempi della nostra quotidianità, non solo controllano i nostri corpi e condizionano le nostre menti spingendoci a comportamenti stereotipati, controllabili secondo algoritmi precostituiti, ma attuano anche una selezione predittiva delle azioni, individuando e selezionando buoni e cattivi, pericolosi e innocui, disponibili e indisponibili. La Smart City è la <città intelligente> perché, ci dicono, le più moderne tecnologie digitali e di telecomunicazione – compreso il 5G – vengono messe al servizio della città, dell’ambiente e dei suoi abitanti. Vorrebbero farci credere che questo costituisca un’innovazione, un bene per tutti. Si tratta di un nuovo paradigma per la realtà urbana che poggia su miriadi di sensori che raccolgono, 24 ore su 24, ingenti masse di dati, e su un elevatissimo livello di connettività. Così strade, incroci, palazzi, parcheggi e gran parte dell’arredo urbano “parlano” tra di loro, in tempo reale, grazie a quello che in gergo viene definito internet of things, l’internet delle cose, ovvero la connessione dinamica tra gli oggetti che utilizziamo quotidianamente. Intelligenza Artificiale, 5G, droni e altre innovazioni tecnologiche sperimentate reciprocamente sia in ambito militare che urbano trovano così la loro sintesi ideale.

Questa impostazione prevede una ristrutturazione e ottimizzazione tecnologica della distribuzione energetica, idrica, dei trasporti, delle catene di fornitura e smaltimento, delle infrastrutture e degli insediamenti territoriali. In modo anche da consolidare il nefasto dominio della metropoli sui territori rurali. Secondo la propaganda sarebbe l’unico modo possibile e green di affrontare le devastazioni ambientali che minacciano il capitalismo e di garantire l’ordine sociale, in tempi di guerre mondiali sempre più estese e militarizzazione crescente. In realtà è soprattutto una ulteriore modalità di controllo sul fronte interno ed estrazione di ricchezza dalle forme di vita e dagli ambienti, che aggraverà le nocività e il disciplinamento.

La Città dei 15 minuti poi, propagandata come città a “dimensione umana”, in cui tutti i servizi sarebbero a portata di mano e raggiungibili in 15 minuti appunto, costituisce l’organizzazione del territorio in veri e propri “ghetti urbani” da cui non è necessario uscire se non per “servizio”, ediventa la strutturazione per eccellenza con cui applicare i principi della Smart City. Vere e proprie gabbie urbane definite non solo fisicamente da varchi elettronicamente controllati, in cui è facile che chi vuole entrare debba essere munito di un pass di riconoscimento. Così si sta sperimentando a Venezia, sempre “per nobili motivi e migliori fini”, dove il pass va esibito a ogni richiesta delle forze di polizia, come nelle “zone rosse” distribuite in svariate città. Questo modello prevede però anche il monitoraggio sistematico delle abitudini, delle azioni e perfino dei desideri.

Anche per chi ha poca immaginazione, quello che sta succedendo in Palestina e in particolare a Gaza irrompe nelle nostre menti senza possibilità alcuna di mediazione. Il genocidio che Israele sta perpetrando nei confronti di un intero popolo è davanti ai nostri occhi. Un territorio recintato, senza via di scampo, bombardato a piacimento da droni, bombe “intelligenti”, ma guidate a distanza da mani umane sempre più indifferenti, che in sicurezza premono un bottone annientando una persona, una famiglia, un palazzo perché l’algoritmo lo ha individuato come obiettivo. Un immenso campo di concentramento in cui si può morire di bombe, di fame, di sete… In Cisgiordania Hebron e Gerusalemme Est sono paradigmatiche di come si costituisce una Smart City con la sua natura di controllo e indottrinamento. I comportamenti vengono spiati tramite il monitoraggio continuo dei social network e il sorvolo di droni. Un’intera popolazione rinchiusa in un recinto invalicabile con presidi militari ai varchi elettronici controllatissimi tramite riconoscimento biometrico, in cui nessuno può dire se potrà passare, se sarà arrestato, se sparirà, se sarà rimandato indietro.

Israele è la punta di diamante di tutta la attuale ricerca cibernetica-digitale (sorveglianza smart, IA bellica, agricoltura 4.0) e biotecnologica (ingegneria genetica come i nuovi OGM e bio-sintesi agro-farmaceutica) sia in campo militare che civile, un ambito rimanda all’altro. Israele sperimenta tutte le “innovazioni” direttamente sulla popolazione palestinese e sui suoi territori. Le nazioni, i governi, le strutture occidentali sono legate a Israele a doppio filo, ne condividono gli intenti, forniscono armi, supportano la ricerca, la usano e la sviluppano; le nostre università sono coinvolte direttamente. Tra Italia e Israele esiste un Memorandum, un accordo di cooperazione militare e di difesa. Firmato nel 2003, riguarda lo scambio di tecnologie, brevetti, software, informazioni riservate e materiali militari, coperto da segreto militare. Si rinnova automaticamente ogni 5 anni e ufficialmente è scaduto lo scorso 8 giugno 2025. Il governo italiano ha già dichiarato firmerà il rinnovo.

Il rapporto oppressori/oppressi, colonizzatori/colonizzati, dominanti/dominati è completamente cambiato. Il potere ha diritto di vita e di morte sui subalterni e sui colonizzati. Può essere concesso di vivere soltanto a chi è disposto a collaborare. I refrattari, gli inutili, i pericolosi vengono espulsi e possibilmente eliminati.

Con le retoriche del bene comune, della comodità, della sicurezza, della sostenibilità, dello status sociale tutta la cittadinanza è chiamata a collaborare e stimolata a desiderare di conformarsi. Da una parte le zone da difendere, quelle cosmopolite, turistiche, finanziarie o per i ricchi borghesi con servizi privati di lusso. Intorno gradazioni di ghetti via via sempre più isolati per i poveri, dove i servizi pubblici sono scaricati sull’associazionismo connivente e si possono controllare i potenziali disordini sociali. Chi non partecipa attivamente alla propria sottomissione sarà tacciato di scarso senso civico, additato fino a essere espulso dal novero dei cittadini legittimi come è successo durante il periodo pandemico con il green pass. In questo senso devono essere intesi tutti i percorsi di digitalizzazione dei rapporti con la pubblica amministrazione. I dispositivi digitali onnicomprensivi che prevedono passaporto, carta d’identità, patente, cartella sanitaria in un unico documento sono già in sperimentazione, come le piattaforme digitali di “partecipazione” civica o in prospettiva la moneta digitale che traccia ogni interesse o la patente del buon cittadino (Citizen Wallet) che usa stigma, premialità, delazione, paternalismo quali rapporti fondamentali tra istituzioni e cittadinanza.

Questa è la linea di tendenza del potere nell’attuale fase cibernetica del tecno-capitale, di cui Israele rappresenta la punta avanzata. Per questo ogni appello umanitario rivolto a Nazioni e governi risulta inascoltato nei fatti, funzionale a lavaggi di coscienza e temporanei riposizionamenti istituzionali. Le belle parole non costano niente.

E’ platealmente la legge del più forte a guidare scelte e aggressioni. Non viene salvata neppure la forma attraverso le organizzazioni sovranazionali sul fronte esterno o l’appello ai diritti su quello interno. Così i potentati israelo-americani si permettono di aggredire impunemente l’Iran forti dei loro strumenti all’avanguardia nella prepotenza tecnologico-militare e assolutamente noncuranti della destabilizzazione dell’area mediorientale, dello stesso occidente e della sua popolazione.

Roma Smart City

Nella costruzione della Smart City e della Città dei 15 minuti, a Roma l’amministrazione comunale si sta muovendo ormai da tempo su due direttrici principali, in stretta sinergia con la Regione e il governo centrale.

1) Controllo digitale della società e del territorio

La costruzione delle infrastrutture di controllo territoriale cammina in maniera molto veloce: 5G, varchi elettronici della fascia verde, rete di telecamere e sensori, smart control room, metropolitane iper sorvegliate…

La infrastrutturazione digitale del territorio è a uno stadio molto avanzato. In questo senso il Giubileo è stato un ottimo pretesto. Le opere strettamente giubilari sono infatti risibili: dalla creazione di Piazza Pia e del sottopasso, alla pedonalizzazione di parte di Piazza Risorgimento o alla ripavimentazione di Piazza San Giovanni. Invece la struttura tecnologica e di controllo è stata assolutamente privilegiata. Possiamo dire che il Giubileo è stato solo il mezzo per accelerare il percorso di costruzione di Roma Smart City senza contrasti e intoppi e con tanti finanziamenti.

A meno di ulteriori ripensamenti sembra che anche il prossimo inverno non ci saranno multe per l’ingresso nella ZTL Fascia Verde precluso ai veicoli fino a benzina euro 2 e diesel euro 4 (dal 1° novembre 2025 diesel euro 5). Però in effetti è già funzionante, in quanto sono attivi circa 80 dei 143 varchi previsti, i quali sorvegliano per ora i flussi dei veicoli. Si tratterà quindi solo di cominciare a fare le multe quando lo riterranno opportuno.

Il Comune ha dato il via libera alla realizzazione di un imponente sistema di installazione progressiva di telecamere supportate dall’intelligenza artificiale (fino a circa 15.000), che saranno collegate a un unico cervello digitale (smart control room). Sono state da poco inaugurate le prime 9 stazioni della metropolitana con connessione internet 5G. Da Vittorio Emanuele a Cipro, passando per Termini, Repubblica, Barberini, Spagna, Flaminio, Lepanto e Ottaviano. Questo fa parte di un progetto che prevede l’infrastrutturazione digitale dell’intera rete della metropolitana entro il 2026 e inoltre l’installazione del Wi-Fi di ultima generazione in 100 piazze con circa 850 hotspot, di attrezzature di arredo urbano “intelligenti” e di circa 1.800 sensori IoT (Internet of Things). La nuova rete 5G sta connettendo i punti nevralgici della città. A gestire il traffico voce e dati nelle metropolitane di Roma è la nuova Sala apparati radio (BTS Hotel) di INWIT/Smart City Roma nella stazione metro di Piazza Vittorio Emanuele.

Parallelamente sono state istituite delle “zone rosse” a macchia di leopardo che permettono di testare l’efficienza della struttura di videosorveglianza digitale, ma anche la disponibilità della cittadinanza: dintorni della Stazione Termini ed Esquilino, Valle Aurelia, dintorni della Stazione Tuscolana (questa ora revocata). Le “zone rosse” sono caratterizzate da un aumento della presenza di forze dell’ordine, controlli a tappeto e arbitrari, divieto di accesso per determinate persone e, in alcuni casi, l’applicazione del D.A.Spo. (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive) in contesti non sportivi. In alcune stazioni metro e in alcuni punti delle “zone rosse” si sperimentano già forme digitali di riconoscimento video dei comportamenti “non conformi”, se non proprio di riconoscimento facciale quando la normativa lo permetterà ufficialmente. Applicazioni sul campo del controllo preventivo e predittivo.

2) Ricerca di collaborazione da parte della cittadinanza

Per la costruzione delle “Città dei 15 minuti” il Comune si muoveanchecon lo strumento della Consulta “Roma Smart City Lab”, un organismo di Roma Capitale che è “lo strumento di partecipazione attiva degli enti e dei soggetti interessati al processo di transizione digitale verso la realizzazione delle finalità del Piano Roma Smart City”.

La città di Roma ha una costruzione territoriale particolare. Ha un centro storico piuttosto grande, ma costituito da ambiti molto circoscrivibili: il centro rinascimentale dentro l’ansa del Tevere, Borgo e Prati limitrofi al Vaticano, Trastevere, Monti, Testaccio, l’Aventino, l’Esquilino; poi c’è un anello di quartieri come San Lorenzo, la Garbatella, Ponte Milvio, il Quadraro, il Flaminio, i Parioli, ecc.; infine una periferia storica connotata da una forte identità come Centocelle, Primavalle, il Laurentino, il Quarticciolo, Val Melaina, ecc. Questa variegata composizione territoriale possiede caratteristiche ambivalenti per il Comune perché l’identità di quartiere può costituire terreno di opposizione, ma può costituire anche terreno partecipativo soprattutto se le realtà locali si prestano a diventare collaborazioniste. Quindi, se da una parte questa organizzazione territoriale può agevolare la costruzione delle “Città dei 15 minuti” che si possono facilmente strutturare per quartieri, dall’altra genera ostacoli poiché gli abitanti vedono stravolto il loro consueto modo di abitare, di vivere e di sentire a fronte di dubbi vantaggi. È per questo che l’amministrazione capitolina sta vergognosamente presentando la “gentrificazione” con connotati positivi come elemento di miglioramento qualitativo non soltanto per l’innalzamento del valore commerciale degli immobili di proprietà, ma proprio come miglioramento dello status del quartiere, sottratto all’etichette di “periferico” e “degradato”. Alcuni esempi per tutti sono i progetti in via dei realizzazione che prevedono studentati di lusso a Portonaccio o succursali dell’Università di Tor Vergata al Laurentino 38.

In questo contesto assumono un’importanza fondamentale le strutture organizzative territoriali, comprese quelle di dichiarato impianto “antagonista”. Il Comune infatti cerca sistematicamente il loro supporto per convincere la cittadinanza di quanto sia buono lo stravolgimento profondo delle nostre vite messo in cantiere, insistendo su concetti come “sicurezza”, “legalità”, “servizi di quartiere”, spazi per il riconoscimento e la tutela istituzionale dell’associazionismo, per la messa in regola dell’informalità, dando l’impressione apparente che la città sia di chi la vive. Per questo si fa leva (mediaticamente ed emergenzialmente) su problemi lasciati a macerare o esasperati come lo spaccio di droga o la violenza sulle donne. L’ultima trovata è il protocollo “Bosco Rosso”(se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere) che propaganda la trasformazione di “aree ambientali degradate in risorse vitali per la prevenzione dei femminicidi e il benessere collettivo […] Saranno realizzati appositi spazi dove uomini e donne possano incontrarsi in sicurezza, promuovendo il rispetto reciproco e la parità di genere […]  Il fulcro del progetto è costituito dalla realizzazione di un sistema di videosorveglianza avanzato, conforme alla normativa europea, basato su algoritmi di intelligenza artificiale.” (sic!) 

La scommessa sul futuro della città si giocherà proprio su questo piano. Smascherare i meccanismi di sussunzione, collegare quanto accade sul fronte interno a quanto accade sul fronte esterno, rifiutare il collaborazionismo, sono condizioni necessarie. Il tempo è ora.

NO GREEN PASS ROMA

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